Si coltiva principalmente per produrre cibo (per sè e/o anche per altri) rispettando il naturale equilibrio delle fondamentali matrici fondamentali: il suolo, cioè la terra madre che accoglie, mantiene e fa evolvere la vita e la vita del suolo cioè il suo microbioma. Questo si ottiene non senza impegno e competenze perchè si tratta di fare lavorazioni dei terreni molto oculate e certamente non troppo invasive e, spesso, rigenerative e magari asportando i frutti prodotti dalla terra in modo non industriale. Fare agricoltura in modo non industriale sostanzialmente significa relazionarsi con la terra in modo non predatorio e non dannoso per cui si ridà alla terra qualcosa e non la si fa morire (con pesticidi ad esempio). Le tecniche usate possono differire in base al clima, alle colture, alle estensioni e alle specificità di ogni contadino sempre cercando di rigenerare e conservare la fertilità del suolo perchè un cibo di qualità proviene da coltivazioni di suoli vitali. Esiste un solo pianeta terra e quindi una sola agricoltura anche se esistono molti tipi di terreni diversi e diversità tra modi di coltivare la terra da parte di ciascun contadino. Il nostro rapporto coi contadini è di rispetto per la loro esperienza ma anche di grande aspettativa perchè consideriamo fondamentale il loro mestiere ma è importante che, in questa fase storica, siano aperti a sperimentare tecniche che in grado di sostenere la loro vita e la vita del suolo.
Cerchiamo di sostenere i piccoli contadini che prevalentemente adottano pratiche di coltivazione naturale perchè così facendo si esalta la qualità, diminuisce lo spreco, si contrasta l'inquinamento, la perdita di fertilità dei suoli e l'abbandono del lavoro agricolo (difatti oggi solo il 2% della popolazione attiva europea è impiegata in attività agricole e oltre i 3/4 di questi sono over 65enni, praticamente manodopera di bassa qualità).
Le lavorazioni agricole convenzionali, tipicamente intensive e monoculturali ma non solo loro, impediscono ai suoli di tornare in breve tempo al loro naturale stato di salute (fisico, chimico e biologico). Rispetto all'agricoltura convenzionale le rese delle coltivazioni naturali su piccola scala sono ormai comparabili con quelle convenzionali a fronte però di qualità generalmente superiore e minori impegni e costi. Si consideri che l'agricoltura convenzionale produce 1 sola caloria ogni 10 che ne spende per la produzione del cibo mentre l'agricoltura naturale riesce a produrre anche 5kg/mq di cibo a fronte di solo lavoro umano (non pesante) per 8h/settimana.
I principi dell'agricoltura naturale possono essere riassunti così:
- favorire e assecondare i processi naturali
- limitare le lavorazioni, le annaffiature, le fertilizzazioni, i diserbi (manuali) del terreno, i sovesci tossici
- non usare fertilizzanti chimici, fitofarmaci, pesticidi o erbicidi (anche quelli consentiti dalla certificazione biologica)
- autoprodurre i semi (almeno i più semplici)
La coltivazione naturale integra e adatta varie pratiche a partire da Fukuoka, per arrivare alle Agricoltura biodinamica, Agricoltura conservativa, Permacultura, Agroecologia, Agricoltura sinergica, Agricoltura biologica. I differenti tipi di suolo, di clima e di colture necessitano l'integrazione di diverse tecniche ovviamente tutte quelle non nocive. Inoltre contribuisce alla prevenzione da dissesti idrogeologici, da inquinamenti e da cambiamenti climatici. Infatti il suolo non lavorato assorbe e trattiene meglio l'acqua (video che dimostra le differenze tra suolo lavorato e non lavorato).
A causa delle tecniche usate nell'agricoltura convenzionale il suolo si è impoverito e il trend permane negativo con l'talia che anche in questo settore è tra le peggiori in Europa. Chiaramente un terreno poco fertile non è in grado di produrre cibo di qualità e va riconvertito alla sua fertilità naturale. Il processo di ri-humificazione può essere favorito da alcuni accorgimenti come il ricorso alla pacciamatura equilibrata o allo spargimento di microrganismi probiotici e simbionti. Questa riconversione dei suoli alla loro specifica vitalità è ostacolta dalla falsa convinzione che il suolo sia solo un substrato inerte dimenticando l'importanza delle sue funzioni sinergiche con le radici e i microrganismi che ci vivono.
Sono le piante che nutrono il terreno, non è il terreno a nutrire le piante.
Un suolo si definisce fertile se:
- è ben strutturato
- è capace di trattenere e infiltrare le giuste quantità d'acqua e d'aria
- è vivo cioè contiene sufficiente humus e biodiversità
In queste condizioni non c'è praticamente bisogno di vangature, annafiature e concimazioni, sovesci e rotazioni perchè l'ecosistema è in grado di produrre e rendere accessibili i nutrienti. Una volta raggiunte le relazioni simbiotiche si conservano senza bisogno di particolari interventi, basta limitarsi a seminare al momento giusto e raccogliere in modo appropriato.
Il suolo fertile è merce sempre più rara, quello che va per la maggiore è un suolo senza biodiversità, povero, compatto, contaminato, eroso, franoso, salinizzato (dalle bagnature dei pozzi) e dilavato. Non stiamo parlando del sahara ma della desertificazione del 45% del suolo europeo. I cambiamenti climatici (favoriti dal degrado del suolo stesso) favoriscono l'ulteriore peggioramento della situazione. Il ruolo del contadino, custode primario del suolo agricolo (ricordiamo che è sempre maggiore la % di superficie urbanizzata) è fondamentale tanto che la stessa UE ha deciso di sovvenzionare gli stati per promuovere buone pratiche anche se, come afferma la stessa UE, queste buone pratiche dovrebbero essere adottate già di per sè, indipendentemente dai fondi messi a disposizione, in quanto aumentano la qualità e la quantità della produzione nel lungo periodo e quindi ogni contadino le dovrebbe seguirle già da solo. Invece finora ci si è assuefatti ad una agricoltura convenzionale che tende alle monosuccessioni e all'inversione degli strati del terreno, degradando la sua struttura, compattandalo ed impoverendolo, all'uso improprio e smodato di concimazioni, fertilizzanti, pesticidi e diserbanti per massimizzare la produzione nel breve termine che ha reso l'agricoltura sempre più energivora, poco sostenibile e ha contributo a diminuire la biodiversità. Il nutrimento delle sole piante rispetto alla cura del suolo è limitante in un ecosistema complesso e sta sempre più impoverendo i terreni dell' Europa e dell'Italia in particolare.
A dispetto dell'evidenza l'uomo è adatto a raccogliere, non tanto ad allevare o a coltivare. Il nostro DNA non si è potuto evolvere più di tanto in così pochi anni di agricoltura (circa 10.00, ndr), ed è sostanzialmente quello che in 2 milioni di anni è stato plasmato per raccogliere o cacciare. Non conosco alcuna evidenza scientifica che l'agricoltura abbia indotto una qualche modifica genetica favorevole, anzi il sospetto generale è che l'agricoltura stia selezionando una specie più debole. Oggi si vive ben più a lungo di 10.000 anni fa a causa della diminuzione degli infortuni, della diffusione dell'acqua potabile e del miglioramento dei sistemi fognari. Ma tutto questo evidentemente non è bastato a garantirci una vita in salute in quanto le malattie moderne non diminuiscono affatto anzi sono in rapido incremento anche nelle fasce d'età più precoci. Si è passati da una notevole selezione naturale che falciava molti piccoli a una vita più longeva ma piena di malattie spesso croniche. L'agricoltura non può ritenersi immune da responsabilità in tutto questo. Se non altro perchè fino a pochi anni fa l'agricoltura tradizionale era una attività poco redditizia che metteva a dura prova la resistenza fisica di ogni contadino. Un tempo la terra era davvero bassa. L'agricoltura manuale ha probabilmente aiutato i più deboli a vivere più a lungo ma se un tempo non si riusciva con una piccola zappa a stressare troppo il terreno oggi con un trattore si fanno danni per decenni. Forse tornare a zappare a mano non ci farebbe nemmeno così male alla salute ma il punto non è questo o solo questo. Interessa trovare un sistema di coltivazione in equilibrio con la natura ma anche con la nostra salute. E il punto nodale è che quando si è in equilibrio con la natura si è in equilibrio anche con la salute e l'equilibrio della nostra salute corrisponde all'equilibrio di un terreno in buona salute.
Arare un terreno, anche a mano, equivale a resettare la sua carica microbiotica, il suo potenziale 'energetico' riferendosi al termine inglese soil food web, ( = rete degli scambi energetici del suolo). Concimarlo anche solo col letame non apporta miglioramenti significativi nel lungo periodo e non apporta grandi miglioramenti al suolo che è un ecosistema complesso e che si impoverisce a fronte di un limitato apporto nutritivo per le piante. Modificare l'ecosistema altera i processi simbiotici. Arare un suolo è una pratica miope e stressante, diminuisce la vita nel suolo e lo impoverisce. Non è necessario nè concimare nè annaffiare un suolo già fertile. Siamo purtroppo abituati a considerare solo le funzioni principali come la sintesi clorofilliana e ci dimentichiamo del resto pensando che sia meno importante. Si studiano spesso molto bene alcuni processi che incrementano una determinata produzione senza una visione di insieme e di lungo periodo. Eppure è noto che tra gli apparati radicali e i vari microrganismi vengono stabilite una miriade di relazioni simbiotiche (di aiuto reciproco) che contribuiscono al duplice effetto di:
- fertilizzare e disinquinare (il terreno)
- migliorare l'apporto e l'assimilazione dei nutrienti (delle piante)
Questo doppio binario non è stato mai compreso o favorito dalle tecniche agricole tradizionali che non si preoccupano dell'ecosistema, della biodiversità, dell' interazione simbiotica. Con le tecniche agricole tradizionali non si persegue una visione d'insieme. Il risultato è che la percentuale di materia organica contenuta nei suoli coltivati è in costante diminuzione. L'esempio classico di questa visione miope è la bonifica dei campi infestati dalla gramigna, che non rappresentano un ecosistema diversificato, e che si formano a causa di interventi umani poco rispettosi del suolo. Ricorrendo alla vangatura si sceglie un rimedio peggiore del male stressando di nuovo il terreno. E il ciclo di problemi irrisolti ricomincia.
La coltivazione naturale nasce con Masanobu Fukuoka nella prima metà del 1900 per dare soluzioni a questi tipi di problemi e si adatta e diversifica in varie parti del pianeta fino a diventare un pilastro su cui molti stanno cercando di costruire un futuro sostenibile per l'agricoltura. In agricoltura naturale non si fa alcun uso di fertillizanti, concimi, diserbanti o fitofarmaci. La struttura ottimale del suolo aumenta la sua ritenzione e infiltrazione idrica. L'aumentata biodiversità migliora il microbioma (il complesso genetico che si trova ad operare sinergicamente) e i microrganismi aumentano la qualità nutrizionale a patto di raccogliere, conservare e preparare in modo corretto il cibo che va preferibilmente consumato fresco, crudo e non lavato eccessivamente per evitare l'abbatimento della carica batterica probiotica. Con la copertura permanente del suolo si diminuesce l'impatto climatologico sul suolo ma anche da parte del suolo verso l'ambiente. Il miglioramento della struttura diminuisce il rischio di erosione e quindi il rischio idrogeologico. Dal punto di vista economico si sono ottenuti risultati significativi e stabili nel lungo periodo a fronte di un limitato investimento iniziale, soprattutto di tipo culturale, nella fase di conversione del suolo e di semina che vanno curate in modo particolare. E' inutile sottolineare la notevole riduzione dei costi dovuta alla minore esigenza delle macchine di dover interagire col suolo (la meccanizzazione va considerata solo per la semina su superfici ampie). La scelta dell'agricoltura naturale è una scelta di equilibrio, di reale rispetto dell'ecosistema nel suo complesso, condizione necessaria per sperare di ottenere dalla natura cibo in grado di mantenersi in buona salute. Equilibrio significa anche di non pensare che esistano organismi o sostanze inutili o peggio microrganismi nocivi da sterminare. Anche le erbe indesiderate e i parassiti hanno una loro funzionalità e svolgono un qualche servizio utile in un ambiente ben integrato, sarebbe quindi meglio chiamarle specie di minor interesse invece che erbacce. L'agricoltura naturale pensa a quelle che possono essere misure preventive favorendo la diminuzione del potenziale nocivo delle infestanti e aumentando le difese immunitarie di ogni coltura contro le patologie. Il risparmio su diserbanti, fertilizzanti e fitofarmaci deve essere compensato da una pianificazione adeguata dei tempi e modi di semina su sodo specie finchè non è completato il periodo di coversione del suolo.
In molte regioni si è diffusa l'agricoltura conservativa, una via di mezzo tra l'agricoltura tradizionale e quella naturale. In una regione come le marche con 400.000 ha di terreno agricolo sono stati rilevate (vedi i dati reali effettivi al minuto 24 del video):
- 200 seminatrici su sodo
- 50.000 ha di coltivazione di frumento duro seminato su sodo
- 80.000 ha in lavorazione minima
- 1 qt/ha di gasolio risparmiato con la semina su sodo
Ma allora cosa frena il rinnovamento dell'agricoltura se è vero come è vero che le tecniche di semina su sodo (per le autunno-vernine) e di minina lavorazione (per le primaverili-estive) sarebbero da preferire sia in termini economici che climatico-ambientali ? Mi sono fatto questa idea dei fattori:
- fiducia nella tradizione degli agricoltori
- scarso interesse delle associazioni professionali
- aspetti tecnico-pratici
- resistenze tecnico-amministrative
- scarso interesse della politica
- finanziamenti UE del passato che ammettevano pratiche che:
- comportavano perdite commerciali
- di nessun vantaggio ecologico
Va considerato che fino a pochissimi anni fa l'Italia non considerava l'agricoltura fonte di inquinamento, desertificazione e cambiamento ambientale e climatico perchè nel bilancio ecologico si considerava solo l'inquinamento zootecnico e il valore aggiunto delle foreste. Invece l'ISMEA ha finalmente fatto partire il primo progetto per integrare ambiente e agricoltura consacrando la fertilità del suolo come valore ambientale imprescindibile e fondamentale. L'ISMEA dovrebbe raccogliere dati utili a redigere il registro nazionale dei serbatoi agroforestali che nel futuro dovrebbe essere lo strumento per discriminare tutto quello che ruota intorno alla fertilità dei suoli. E' triste notare che ci si accorge in Italia del problema della desertificazione del suolo solo perchè è diventata una questione economica (fonte ISMEA).
Oltre ai fattori ambientali ed economici va condierato il problema alimentare. Il cibo prodotto è sempre meno saporito e sempre meno nutriente. L'uomo ricorre sempre pià spesso all'integrazione di minerali e vitamine, a tavola assomigliamo a un contadino che deve concimare il suo orto. Di questo passo non ci vorrà molto che ci ritroveremo a mangiare solo pillole e i contadini saranno diventanti biochimici di laboratorio. La distorsione agricola viaggia di pari passo con l'impoverimento delle nostre tavole. Questa spirale paradossale ci costringe a stili alimentari poco compatibili con la salute. E' acclarato che l'utilizzo dei pesticidi nella pratica agronomico convenzionale ha impoverito e intossicato il cibo ma anche metodiche più tradizionali, apparentemente valide come le vangature determinano uno stress ambientale al microbioma del suolo che non lo aiuta.
La sicurezza alimentare non è garantita nemmeno dall'agricoltura biologica. Questo metodo tende ad utilizzare sistemi di lotta integrata 'naturali' ma non si è dimostrato completamente libero da pesticidi anche se in misura molto minore rispetto a quelli dell'agricoltura convenzionale. Per il biologico esiste la certificazione di 'processo' ma manca ancora quella di 'prodotto'. Attualmente un prodotto biologico deve sottostare ai massimali di pesticidi uguali a quelli di un prodotto convenzionale. Il fatto che ne contenga meno è qualcosa che spesso è frutto di fortuna, ad esempio per il fatto che un terreno non sia vicino a fonti inquinanti. Tutto questo però è qualcosa che al consumatore finale non può contribuire a percepire il biologico come cibo sicuro. Fatta 100 la totalità di tutti i prodotti biologici italiani, sappiamo che la metà è totalmente esente da pesticidi o agenti chimici. Questa sarebbe una buona notizia se non altro per il fatto che la metà almeno dei produttori sono onesti e coscienziosi. Il restante 50% però presenta un residio di agenti chimici e pesticidi multipli (dai 5 ai 10 di media) seppur in quantità limitate. La presenza di questa mini-multi-presenza seppur sotto il limite massimo consentito influisce comunque nel lungo periodo sulla salute di chi se ne ciba.
L'ambiente inquinato è comunque un problema per chiunque voglia cibarsi di un alimento sicuro, non contente agenti di sintesi. E' difficile ormai esser certi che un certo terreno sia attualmente libero da pesticidi. Il problema poi aumenta se si considera che il foraggio è utilizzato per filiere di allevamento di carne e pesce con accumulo degli agenti chimici nei tessuti grassi degli animali che sono i tessuti maggiormente bioaccumulatori. Non si può assolutamente considerare una filiera solo per il suo valore intrinseco. Le correlazioni tra le varie componenti ambientali sono complesse per cui la sicurezza alimentare è un concetto che deve tener conto di tantissimi fattori. Non basta solo seguire processi e metodiche naturali, bisogna considerare anche l'aria, l'acqua e l'ambiente circostante. In questo contesto super inquinato il microbioma sembra giocare un fattore positivo per la salute umano invece che esser considerato come mero rischio infettivo microbico. Anche per questo la coltivazione naturale unita a un processamento poco invasivo del cibo può essere un fattore su cui sperare di trovare una sponda per la salute.
Il recupero di attività naturali è l'unica vera e concreta via verso un futuro in cui si realizzi il ripristino di un vero equilibrio ambientale. Anche se oggi il panorama è desolante esistono esempi di recupero dell'ambiente con coltivazioni sostenibili e fattorie che non applicano pratiche agronomiche pericolose da molti decenni anche con le cerealicole. Queste aziende testimoniano che non solo è inutile continuare a percorrere certe strade insostenibili ma che altre strade esistono e sono già state percorse con risultati incontestabili.
Se vuoi sapere come si conduce un orto naturale leggi il nostro articolo oppure associati per avere consulenza sull'orto naturale
Inizialmente è bene non contare di fare raccolti abbondanti. Una volta che il terreno si sarà arricchito si può pianificare anche un piccolo surplus di ortofrutta per quelle categorie di persone più sensibili: malati, bambini, gestanti, puerpere in allattamento. Può essere utile fare convenzioni con GAS (Gruppi di acquisto solidale), scuole, asili o ospedali.
Link utili
The Food and Farming Transition, Available on line @ www.postcarbon.org/food, copyriright 2009 by Post Carbon Institute
BRF: Plus de carbone pour nos sols (2006) documento in francese sul cippato
Movimento per la Decrescita Felice
Forum di agraria: discussione su orto con metodo di fukuoka
Gli appunti di Emilia Hezelip - by ... L'orto di carta (alcuni fogli tradotti in italiano)
Il Giardino di Emilia Hazelip (in italiano) 3 video
Bionieri (rete rurale)
Accademia italiana di Permacultura
Il sistema bioenergetico di Jean Pain
Permacultura: il metodo di jean pain
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