• +39 347 833 12 62
  • info@ciboinsalute.it

    L'orto naturale

    L'orto naturale è coltivato secondo i dettami dell'agricoltura naturale che è un metodo di coltivazione per produrre cibo di qualità nel modo più naturale possibile, mantenendo o aumentando la fertilità del suolo senza impoverire i contadini.

    Diversamente dall'agricoltura convenzional, basata soprattutto sulla chimica, non inquina, non desertifica i suoli, non consuma risorse ed energie dall'esterno, non produce cibo di scarsa qualità, valorizza i contadini e il loro lavoro, non ingrassa le multinazionali del comparto agroindustriale e conserva il paesaggio. Coltivare un orto in modo naturale è fondamentalmente semplice nelle azioni da compiere ma può essere complesso per chi non sa cosa osservare e come ragionare. E' quindi necessario preventivamente riflettere sui problemi creati dalle tecniche agricole moderne e liberarsi da quelgli stereotipi basati solo sulla chimica la cui validità è funzionale solo a migliorare la rendita di chi specula sulla natura e sul cibo, non di chi ci lavora direttamente con passione e rispetto.

    L'orto naturale è veramente alternativo a tutto ciò che oggi la tecnica propone ed è stata tracciata da chi non si è piegato alle logiche dell'industrializzazione della natura e ha reagito cercando di rispettare gli ecosistemi. La via tracciata da alcuni pochi eroici contadini ha via via attirato persone stufe dei lavori stressanti o spinte da motivazioni ecologiche e salutistiche. Le prime esperienze sono state spesso confinate in piccoli orti a conduzione familiare, poi si sono pian piano diffuse e trasformate in realtà stabili e in grado di produrre cibo anche per gli altri preservando il reddito dei contadini, la qualità del cibo, la bellezza, la salute e la fertilità dei suoli. Se una critica vi può essere deve essere nei confronti della scienza ufficiale che non si avvicina a tali esperienze o perchè non ha gli strumenti per comprenderne i fenomeni essenziali o perchè non ha l'onesta intellettuale per smentirne i risultati accontentandosi sempre della sterile polemica sull'incapacità di produrre cibo per gli altri con tecniche naturali. Sappiamo che esistono realtà che producono da anni cibo per le realtà commerciali senza immissioni o alterazioni del suolo. L'80% della coltivazione del grano in una regione come le Marche è fatta con tecniche di minima coltivazione ma nel piccolo contadino è radicata l'idea che bisogna arare in profondità prima di seminare una graminacea. E' la stessa agroindustria che nasconde quello che fa per paura che si diffonda l'idea che le tecniche convenzionali sono dannose per il cibo, per il suolo, per l'ambiente e per i contadini.

    Riuscire a realizzare un orto naturale non è quindi semplice specie all'inizio soprattutto perchè non esiste un manuale con prescrizioni precise ed adattabile con gli stessi risultati a tutte le situazioni, a tutti i terreni e questo perchè la necessità di equilibrarsi con le condizioni del terreno e ambientali è un fattore intrinseco fondamentale prescindendo dal quale l'orto naturale non potrebbe dare frutti (vedi l'esempio di un orto familiare). Quello che può quindi fare chi si vuole cimentare con quella che adesso potrebbe apparire come un'avventura molto difficile è di studiare la storia dell'agricoltura naturale, dai primi passi fatti da Fukuoka, Hazelip, passando per la biodinamica, il sinergico e la permacultura e scoprire il filo conduttore che ne segnato il percorso: 

    • ripudio della chimica di sintesi
    • minima lavorazione del terreno
    • mantenimento dell'autofertilità del suolo
    • miglioramento della biodiversità e dell'equilibrio dell'ecosistema

    Quello che manca ancora è il riscontro scientifico e una trattazione sistematica e organica della materia ma imputarne la responsabilità ai contadini naturali è altamente ingiusto oltre che colpevole da parte della ricerca ufficiale perchè è compito dei ricercatori di verificare cosa accade e cosa producono i terreni coltivati naturalmente.

    Chiariti tali concetti basilari si può iniziare ad addentrarsi nelle tecniche di coltivazione naturale

    Innanzitutto bisogna capire se un terreno è sufficientemente fertile ovvero se è in grado di produrre il quantitativo atteso di verdure oppure se bisogna aiutarlo a tornare fertile prevedendo un periodo di conversione più o meno lungo a seconda delle condizioni in cui lo si prende in carico. Gli sforzi e le attenzioni del contadino devono essere poste nella conservazione o, meglio, nell'incremento dello strato fertile fino al minimo utile per iniziare a produrre per sè e/o per gli altri.

    Feritilità del terreno: lo stato della fertilità del terreno è molto importante e può essere valutato [1]. Esso dipende principalmente da:

    • storia delle pregresse coltivazioni
    • struttura fisica (frazione minerale, struttura, colloidi, granulimetria, tessitura)
    • condizione chimica (pH, acidità/salinità/alcalinità, CSC o Capacità di Scambio Cationico, TSB Tasso di Saturazione in Basi, Azoto, Fosforo, rapporto Mg/K Magnesio/Potassio, Calcio, microelementi, metalli)
    • calcare totale e attivo
    • grado di humificazione (SO Sostanza Organica, rapporto C/N Carbonio/Azoto, CM Coefficiente di Mineralizzazione)
    • attività biologica (microrganismi, attività enzimatica, micorrize, indici di biodiversità)

    Bisogna scegliere il tipo di coltivazione più adatto alle condizioni di fertilità presenti e che si vogliono raggiungere.

    Aumento/Mantenimento della fertilità del terreno: è un processo di fondamentale importanza e può essere correlato al metodo e alle colture che si vogliono coltivare subito e in futuro. Il disciplinare dell'agricoltura biologica ad esempio autorizza ad apporre il marchio BIO dopo una conversione di 3 anni, periodo magari non sufficciente per raggiungere reali condizioni di salute e fertilità del terreno. Bisogna cercare di identificare e concentrare nella fase iniziale tutte le lavorazioni più invasive di modo che nel corso degli anni successivi non saranno più ripetute alterazioni pericolose del suo equilibrio. Questa fase può durare anche anni (da 3 a 10) e la sua durata è proporzionale al degrado qualitativo inziale. Terreni più sfruttati e inquinati hanno bisogno di più tempo di riposo e rigenerazione. Riposo del terreno non significa mancanza di vegetazione nel terreno che non dovrebbe mai rimanere scoperto alle intemperie (vedi più avanti) per molti giorni. Il clima gioca un fattore importante. A seconda dell'accessibilità al fondo, della presenza o meno di recinzioni (specie in presenza di animali selvatici o di possibilità di furti), della disponibilità e del tipo di acqua (di pozzo, di ruscello, di riciclo) per irrigare, dell'inclinazione, dell'esposizione al sole, della protezione dai venti si sceglie la strategia e si adotta un piano di coltivazione adeguato.

    Preparazione del terreno per la coltivazione: è un attività che potrebbe essere lasciata fare alla natura ma richiederebbe tempo prima di arrivare ad ottenere condizioni soddisfacenti di pH, humificazione, tessitura e diradamento (mai eliminazione totale) dalle erbe meno interessanti. L'intervento del contadino sul terreno non deve alterare ma, potendo, aumentare la relazione vitale tra Più un terreno manifesta biodiversità e minori saranno gli interventi di cui avrà bisogno (una valutazione spannometrica della biodiversità di un terreno è proporzionale ad esempio al numero di colori dei fiori presenti, un prato polifita di montagna è un chiaro esempio di multicolorazione). L'agricoltura conservativa usa spesso le leguminose per la copertura (erba medica e il trifoglio ladino) che servono anche da contenimento delle erbe non interessanti oltre che per rilasciare utili alle colture successive o per intercalare tra una cultura e l'altra. Per le colture estensive si può lasciare a maggese per un anno e nella primavera successiva allettare (tramite rullatura o trinciatura) prima della mandata a seme per evitare la trasemina delle infestanti e per formare una prima pacciamatura ricca di biodiversità. Se le condizioni del terreno sono pessime si può ripuntare a bassa profondità, in modo da arieggiare leggermente e non alterale troppo i microclimi profondi. Di base bisognerebbe sempre  scegliere il metodo meno invasivo, più sostenibile e compatibile possibile rispetto alle esigenze. Se è necessario un intervento più profondo l'operazione va fatta una tantum e non deve ripetersi più negli anni seguenti. Nell'orticoltura i terreni molto duri e pesanti possono essere inizialmente alleggeriti con sabbia di fiume, torba o composta naturale oppure rialzando aiuole per le colture invernali in modo da favorire anche un miglior drenaggio del suolo. A differenza dell'agricoltura tradizionale che prevede una concimazione con letame, composta o fertilizzanti chimici prima della semina o dell'impianto, in agricoltura naturale se si accettano rese inferiori nei primi anni di conversione del terreno alla fertilità, si può evitare di concimare, provedderanno le stesse infestanti a pacciamare, alleggerire e concimare il terreno.

    Per aumentare la fertilità del suolo in modo naturale possono essere usate alcune tecniche:

    • allettamento: lasciar riposare a maggese per il primo anno e nell'anno successivo seminare a dimora sull'allettamento di primavera successiva le cerealicole o le leguminose.

    • cippato (vedi BRF): interramento superficiale o, meglio, pacciamatura di pezzetti di legni di essenze adatte triturati per favorire il ricrearsi delle condizioni humiche migliori

    • Microrganismi Effettivi EM e micorrize: inoculo di un cocktail di microrganismi simbionti capaci di creare le condizioni per una aumentare l'efficienza di assorbimento degli apparati radicali

    Nelle situazioni ambientali più difficili, nei terreni aridi o in pendenza a forte rischio di ruscellamento o dilavamento considerare l'impianto di siepi per delimitare gruppi di parcelle e terrazzamenti che costituisce una erfficace barriera ai venti e all'involo dei parassiti, un sicuro rifugio per gli uccelli e gli insetti.

    Per i terreni in pendenza l'uso dei canali di scolo (hugelkulture) sulle curve di livello riempiti o meno di cascami e scarti di potature e sfalci contribuisce a mantenere l'umidità e, come le siepi, a ridurre il ruscellamento e il dilavamento.

    Semina: è forse la parte più difficile perchè bisogna indovinare il tempo e la modalità di semina per non rischiare marciumi oppure che il seme non si distribuisca bene o che sia preda di insetti voraci. E' fondamentale procurarsi semente naturale, locale, abituata al clima della zona. Non utilizzare se possibile sementi selezionate per uso commerciale, evitare ibridi F1 e OGM. La semina può essere fatta in semenzaio o direttamente a dimora. La semina su sodo (direttamente a dimora su terreno incolto non vangato, trinciato o allettato) inizialmente potrà non dare risultati apprezzabili per ovvi motivi di inesperienza e di competizione tra varie specie e di incompleta conversione  del terreno. In molti casi è utile non seminare a file ma a spaio. Nell'orticultura se il terreno è duro o pesante andrebbero seminate dapprima colture (come i ravanelli, carote) che contriuiscano a frantumare un pò il terreno. Per produzioni familiari è consigliata la consociazione di specie simbiotiche. Le piante che fioriscono per prime andrebbero portate a semina e non usate come cibo. Esistono realtà che sono riuscite a conservare specie autoctone antiche che ora distribuiscono al pubblico.

    Coltivazione: la sfida di una coltivazione senza trattamenti chimici, fertilizzanti nè lavorazioni del terreno comporta meno spese ma anche parecchi grattacapi per chi è all'inizio di questa esperienza in quanto vengono stravolte tutte le più consolidate convinzioni dell'agricoltura tradizionale. Terreni poveri possono essere arricchiti con l'inoculo di micorrize (funghi simbionti delle radici) al momento della semina o del trapianto. La coltivazione degli ortaggi su terreno naturalmente fertile può dare parecchia soddisfazione al palato se si ha l'accortezza di consociare bene, seminare anticipando le erbacee concorrenti, diradare manualmente all'inizio della germinazione e pacciamare con paglia durante i periodi caldi senza interrare per evitare la formazione di sostanze nocive per le radici. Le annaffiature vanno diminuite progressivamente in base alle reali esigenze delle piantine. E' da preferire l'idratazione a goccia da raccolta di acqua piovana rispetto al getto di acqua fredda salificata di un pozzo. Se la semente è rustica resiste meglio agli stress idrici e climatici in generale. Sono quindi sempre da preferire semi vecchi autoprodotti del posto. Una percentuale sufficiente di piantine va portata a seme per aiutare il microbioma del sottosuolo a compiere un ciclo completo. Alcuni tagli per raccogliere il cibo possono essere parziali per non interrompere del tutto il ciclo vegetativo.

    Il terreno è arricchito dalle stesse coltivazioni e più si coltiva in modo naturale e più il terreno si arricchisce. Si può ricoltivare una coltura sulla stessa coltura, insalata su insalata ad esempio. Se la coltivazione è fatta in modo naturale il terreno difficilmente si impoverirà se non su lunga scala. Qualsiasi lavorazione del terreno produce perturbazioni nella concentrazione e nella forma dei composti (etilene, ossigeno, azoto, ferro) e di consenguenza anche negli organismi presenti. Queste alterazioni sono differenti rispetto a quelle che si hanno nei cicli naturali dei terreni lasciati a riposo. Imparare a conoscere e riconoscere queste differenze migliora il rendimento a patto di assecondare l'inclinazione naturale dell'ecosistema del posto.

    Sia che il terreno provenga da anni di coltivazioni intensive o che sia stato lasciato incolto bisogna mettere in conto che i primi raccolti non potranno raggiungere quantità e qualità comparabili con quelle dell'agricoltura convenzionale prima che sia stata completata la conversione alla fertilità.

    Bibliografia:

    [1] Metodi ufficiali di analisi dei suoli, 2007 Regione Veneto

    {jcomments on}